venerdì 26 aprile 2013

quel lavoro che non c'è


E' un assillo comune, condiviso da un'intera generazione. Il lavoro scarseggia.
Orbetello poi è un piccolo centro: le opportunità sono quelle che sono. Quando si è ragazzi
si prende la prima cosa che arriva, magari stagionale, magari provvisoria, precaria. 
E si sbarca il lunario. Poi arriva il giorno che ragazzi non lo si è più tanto e le urgenze sono altre: 
una casa, perchè non si può più bivaccare a casa dei genitori, le prospettive di una famiglia, di un matrimonio,  chissà, l'automobile, il vestiario, tutte spese che non possono più essere ascritte alla lista-spese della mamma.
E allora questa generazione di laureati in scienze della comunicazione finisce col trovarsi nel vortice
del precariato, del dover andar via, del doversi accontentare di qualsiasi cosa: qualsiasi.


Giuseppe ha fatto tutta la trafila. Come del resto la maggior parte dei suoi amici, dei suoi coetanei. 
Lo ricordiamo tutti, affascinante sulle passerelle dei nostri eventi, con le signore che magari si scambiavano una gomitatina, oppure sui campi da gioco delle squadre locali: portiere.
E perennemente alle prese con lavori saltuari.


Poi però deve essersi ricordato di quella innata abilità con le cose manuali, con i "lavoretti", con i mestieri che nessuno fa più e per i quali certo non è richiesto un master o un Erasmus.
Mestieri però richiestissimi, indispensabili, magari duretti ma neppure malvagi in quanto a parcelle.
Magari un familiare può essere d'aiuto, per l'organizzazione iniziale, per quello sparo dello start, per la dimestichezza con le cose pratiche. Più pratiche di quanto a volte sa esserlo un ragazzo.
La termo-idraulica, le manutenzioni, le riparazioni, quel tocco a un re-styling domestico o esterno, 
l'elettricità, tutte cose per cui necessiteremo sempre un qualcuno che a un certo punto suoni il nostro campanello. Tutte cose che ancora (e ancora per molto, credo) non possiamo certo risolvere con un click.
Qualche schizzo di tinteggiatura su una vecchia foto un pò glamour, una tuta da lavoro che glamour non può certo esserlo, le ginocchiere che non sono quelle usate per parare, corrisposti magari da quel pizzico di compiacimento nel vedersi presentare alla porta non il solito operaio di mezza età con chierica e panzetta di ordinanza, ma un ragazzo giovane, gentile e preparato, e  perchè no, di aspetto gradevole
che, non senza sacrifici e qualche notte insonne,  si è inventato un lavoro, un futuro.
Senza neppure una specializzazione al Dams..
Auguri.


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