giovedì 3 settembre 2015

La posta in palio.


Eppure la posta in gioco non è una schicchera. In ballo c'è la vita stessa di giovani atleti magari affetti da una patologia cardiaca anche lieve, di cui non sono neppure consapevoli, ma che sotto sforzo può rivelarsi letale, così, all'improvviso, come un fulmine.
E non è che si chieda chissà che. Si chiede quello che uno pensa sia lo stretto indispensabile: ogni volta che c'è attività fisica, e ogni volta che questa si fa piuttosto importante, allora i controlli medici devono esserci e devono essere accurati, non una pratica burocratica da sbrigare alla spicciola quando sono previsti, e soprattutto previsti laddove non lo sono (parliamo per esempio dell'intera galassia sportiva extra-professionismo).
"Sono persino stufa. Ne ho tentate talmente tante, anche con l'assistenza di legali, ma niente. Non si riesce a smuovere niente. Le visite in alcuni settori (numericamente importantissimi, ndr) non sono previste e non sono obbligatorie secondo alcuna legge o regolamento. Punto e basta. Ed è un vero e proprio muro di gomma contro il quale semplicemente si rimbalza. Se le visite non sono obbligatorie, nessuno è colpevole, nessuno è responsabile, e le fatalità rimangono appunto fatalità. E succede spessissimo che uno sportivo si accasci e muoia. Così, come se si trattasse un cavallo del palio di Siena, come se fosse una casualità imprevedibile e inevitabile. Stop."
A dirlo è Roberta Perotti, una orbetellana che da questo tipo di incidente è stata toccata in prima persona, con la scomparsa sin troppo prematura del coniuge, e che sta portando avanti la sua personalissima battaglia per intaccare lo status quo, con risultati che definiremmo non incoraggianti per usare eufemismi.
E invece naturalmente è tutto prevedibile e soprattutto prevenibile. Perchè non lo sia nei fatti, non è dato sapere.
"Temo che sia perchè poi alla fine il numero degli sportivi che muoiono durante un contesto sportivo amatoriale non sia poi così rilevante. Cioè che riguardi poche persone. Che si tenda a pensare che tanto è successo a lui o lei, non a me. Io penso invece che se si tratta di evitare che si spezzi anche solo una giovane vita, allora semplicemente bisognerebbe fare di tutto, senza tanta contabilità."
Roberta, dicevamo, non parla certo per sentito dire: il suo adorato Giuliano, papà di Andrea, il loro unico figlio, è spirato dopo un malore durante un match di tennis con gli amici. Una tragedia tanto più grande perchè così inaspettata, così improvvisa.


Giuliano era un uomo giovane e attivo, che conduceva un sano e normalissimo stile di vita, un lavoro di sicuro non da damerini e alcuni momenti di sport in contesti amichevoli, non agonistici, dopo una bella militanza nelle formazioni calcistiche locali.
Eppure è successo. Perciò qualcosa c'èra, perciò qualcosa poteva essere individuato preventivamente, e forse sarebbe potuta non andare così. Giuliano era pur sempre un uomo in quella fascia d'età considerata a rischio problematiche cardiaco-vascolari a prescindere.
"Giuliano amava giocare a tennis e lo faceva ogni volta che poteva. Questo per anni. Senza che gli fosse mai chiesta, o piuttosto imposta, la benchè minima ispezione medica. In famiglia invece, una storia diversa. Un esame cardiologico di routine, sufficiente a far emergere una patologia che avrebbe potuto rivelarsi fatale in qualsiasi momento, che però è stata intercettata con un esame tutto sommato di routine e debellata con un intervento chirurgico, dall'esito perfettamente positivo. Allora vedi che una visita serve? Allora vedi che una visita può salvare una vita? E allora perchè non la si chiede? Perchè non la si impone? La vita dei milioni di sportivi non professionisti vale forse meno di quella delle prezzolate star del calcio o del ciclismo professionistico?"
Certo: le visite non sono infallibili. Questo tipo di incidenti è successo ad atleti professionisti, sottoposti a controlli di una qualche accuratezza. Ma si deve comunque tentare. Non fare nulla è realmente l'unica cosa da non fare.
E Roberta infatti insiste soprattutto sul fatto che, se non si è potuto prevenire l'incidente accorso all'uomo con cui condivideva l'esistenza con lo stesso identico trasporto dei primi giorni, allora si potrebbe perlomeno cercare di evitare che una tragedia di queste dimensioni accada ad altre famiglie.
Un piccolo grande risultato Roberta lo ha comunque portato a casa con la sua tenacia, scaturita anche ma non solo da un dolore immenso. Adesso, il nostro campo sportivo, quello in dotazione all'Unione Sportiva Orbetello, e al circolo del tennis di Orbetello, un defibrillatore c'è.
E se è riuscita a ottenere questo importantissimo primo risultato, allora perchè non aiutarla a chiedere, ad esigere controlli medici più accurati anche per chiunque svolga una qualsiasi attività sportiva, in qualsiasi ambito, in qualsiasi contesto, soldi o non soldi?
Se si tratta di salvare anche solo una giovane vita, semplicemente si deve.


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